La poderosa cinta delle Mura Megalitiche di Pirae, città ausone (V-IV secolo a.C. – “fuit oppidum”, citava Plinio), su un tratto delle quali sono riscontrabili i resti addossati di un’antica villa romana attribuita a Marco Emilio Scauro, console romano nel 115 a.C. Si ritiene che la parte più notevole del suo antico porto sia sommersa poco a largo della costa. Si tratta di un’opera poligonale con grandi blocchi di pietra, della lunghezza di circa 120 metri, di cui si conservano oggi almeno 12 filari ali più di 5 metri. Esiste anche una porta urbana dalle forme imponenti. È possibile che la cittadina ausone di Pirae – “antenata” di Scauri – insieme a quella di Minturnae, facesse parte della Pentapoli Aurunca, anche se esistono dubbi sulla precisa localizzazione delle città della federazione anti-romana. Taluni suppongono che Pirae non fosse altro che un castrum, cioè un avamposto militare e commerciale della stessa Minturnae, e che sarebbe scomparsa come centro urbano dai tempi di Plinio, nel I sec. d.C.
Al di là delle certezze sulla localizzazione, l’esistenza di Pirae è attestata, in ogni caso, da quattro cippi, visibili ancora oggi presso il Museo di Minturnae. Essi infatti citano quattro schiavi della Gens Pirana (o Peirana).
Va ricordato poi l’enorme dolium, recipiente usato per la conservazione del vino o dell’olio, ripescato negli anni ’80 al largo di Ventotene e custodito, tuttora, nel Museo archeologico dell’isola: la sua fabbricazione fu opera di liberti della gens dei Pirani. Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia del I sec. d.C. la dava già in rovina (“fuit oppidum”, appunto), localizzandola tra Formiae e Minturnae. È visibile anche una porta urbana (forse del VII-VI secolo a.C.), con un criptoportico coperto con volta a botte. Tali testimonianze sono racchiuse in proprietà private, e tuttavia inserit nell’Area Protetta di Gianola – Monte di Scauri, che fa parte del Parco Regionale Riviera di Ulisse. Tale insediamento era in rovina già all’epoca di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.). Secondo J. Johnson, però, non è dimostrabile che vi sia, in Minturnae, un gens antecedente a quella dei “Pirani”. Secondo un’altra ipotesi Pirae (o Castrum Pirae) sarebbe nata da un gruppo ausonico che, staccatosi da quello originario montano di Campovivo (Spigno Saturnia), colonizzò il luogo sotto l’attuale Monte d’Oro. Pirae divenne allora un importante borgo marittimo, assieme a Sinuessa e a Minturnae, e fu dedicata ad attività marinaresche e commerciali, restando in frequente contatto con naviganti provenienti dall’oriente (Focesi), dall’Etruria, dalle coste sicule e dalla Magna Grecia, raggiungendo quindi il massimo splendore verso la fine del VI secolo a.C., quando si era consolidata in una vera e propria polis legata alla città della Pentapoli Aurunca per affinità etnica e ragioni supreme di vita e di indipendenza, di fronte alle eventuali piraterie dei naviganti greci e delle invasioni etrusche e sannitiche dell’età storica.
Pirae, dunque, legata alla Pentapoli Aurunca(ostinata nemica di Roma), dovete cessare di essere indipendente forse intorno al 314 a.C., anno in cui Roma si assicurò il definitivo dominio di tutto il Latium.
Divenuta quindi colonia romana, la cittadina assolse l’importante funzione di nodo stradale nevralgico e di località commerciale. La colonia decadde rapidamente fino ad essere del tutto abbandonata, soprattutto dopo la devastazione subita ad opera dei Longobardi nel 559 d.C. (destino comune nel Lazio a tutte le località costiere, schiacciate all’interno dalle invasioni barbariche e sulla costa dalle incursioni saracene). Nei periodi repubblicano ed imperiale a Pirae sorsero alcune ville marittime una delle quali, forse appartenne davvero al console Marco Emilio Scauro (162-90 o 89 a.C.), e di cui resterebbero ancora alcune rovine, visibili nel vecchio rione. Da segnalare, comunque, una porta a doppio arco, che immette in un corridoio, decorato da pitture parietali riferibili al III stile pompeiano, e sette arcate cieche o fornici (II-I secolo a.C.), quindi proprio al tempo di vita del console Marco Emilio Scauro. A partire dall’anno 830, varie sono le citazioni della località nel Codex diplomaticus cajetanus. Ad esempio, in un atto del 933 è riportata la Chiesa di S. Pietro Apostolo, sita in “porto scauritano”. In seguito fu un centro produttivo, ma ancora soggetto a razzie.
Artone A.,Artone D.; "Minturno è Traetto" luoghi storia arte folklore; Caramanica Editore; Marina di Minturno; 2014